Mutui e Prestiti
Lavoratrici al bivio con il primo figlio? Qualche aiuto dovrebbe arrivare con la manovra d`estate, che intende riservare parte del gettito fiscale derivante dalla battaglia al sommerso alle donne lavoratrici in maternità. Le difficoltà comunque non sono poche. A preferire la famiglia alla professione sono la maggior parte delle mamme. Lo sostiene uno studio recentemente pubblicato dall`ufficio studi della Bocconi intitolato "Female education and employment, making the most of talents" di Alessandra Casarico e Paola Profeta di Econpubblica (il Centro di ricerche sul settore pubblico della Bocconi).
Sono molte le donne che rinunciano all`impiego con il primo figlio anche se laureate o istruite. La causa? L`elevato costo delle cure dei loro piccoli. Questo uno dei principali motivi che influenzerebbe il basso tasso di occupazione femminile rispetto al resto d`Europa (uno scarso 42% rispetto agli obiettivi del 60% di Lisbona).
Quale soluzione?
La ricetta, secondo gli studiosi della Bocconi, potrebbe risiedere nella spesa pubblica più alta per le famiglie, in particolare per la prima infanzia, e diffusione a tappeto di forme di conciliazione come l`orario ridotto.
La risposta è nel part time
Una combinazione che, assicurano le ricercatrici, avrebbe effetti benefici anche sull`istruzione femminile. Le ricercatrici hanno sottolineato che in Svezia, dove la percentuale di lavoro part time rispetto al lavoro totale è del 23%, la percentuale di donne tra i 25 e i 64 anni con un`istruzione superiore o universitaria raggiunge l`85%. In Italia, dove il part time è il 12,7%, tale percentuale è del 48%. Anche mettendo in relazione la percentuale di spesa pubblica per le famiglie con i livelli di istruzione e impiego femminili, lo studio evidenzia, tendenzialmente, un migliore rapporto là dove tale spesa è più elevata. Ne sono un esempio Svezia e Danimarca dove rispettivamente il 3,5% e il 4% del pil sono destinati a questo tipo di sostegno economico e dove la percentuale di donne con istruzione superiore è dell`85% e del 79%. In entrambi i Paesi, la percentuale di donne con istruzione superiore occupate supera il 75%. In Italia e in Spagna, due tra i paesi in cui le famiglie ricevono meno trasferimenti, poco più dell`1%, le donne più istruite non raggiungono il 50%, mentre quelle istruite e occupate sono il 65% e il 61%.
"E` noto -ha spiegato Paola Profeta- che in paesi come l`Italia il tasso di occupazione femminile è molto basso, del 46,7% rispetto a un obiettivo di Lisbona del 60%. Meno noto è che in questi paesi donne con istruzione superiore o universitaria spesso non lavorano, a differenza degli uomini e a differenza di quanto avviene per esempio nei paesi scandinavi". Questo accade, secondo il modello elaborato dalle due studiose, perché quando le donne devono decidere se istruirsi, non hanno un`informazione completa sui costi ai quali andranno incontro nella cura dei loro figli, nel momento in cui diventeranno mamme. "Esistono quindi delle donne -continua Alessandra Casarico- che, una volta scoperto il costo di cura dei figli, se questo risulta molto alto, pur essendosi istruite ritengono conveniente non lavorare". E la loro assenza dal mercato del lavoro, sottolineano Casarico e Profeta, "genera uno spreco di talenti e una riduzione dell`output rispetto a quello potenziale che deriverebbe dall`investimento in capitale umano".
Ciò potrebeb portare anche ad un miglioramento della situazione di mutui e prestiti al consumo.
Foto
Notizie economia
Fonte: Tiscali