Mutui e Prestiti
I dati Covip indicano una sostanziale tenuta del flusso di adesioni alla previdenza complementare. Aumenta però il numero dei riscatti per perdita dei requisiti e degli iscritti silenti o che interrompono i versamenti. Si ridimensiona così il livello di copertura del sistema. Preoccupanti appaiono poi le decisioni di investimento dei lavoratori più anziani, che spesso hanno aderito a fondi azionari o bilanciati. Necessario che i fondi pensione si dotino di strumenti adeguati per aiutare gli iscritti a operare scelte razionali.Dai dati presentati nei giorni scorsi dalla Covip emerge un quadro in chiaroscuro dell'andamento della previdenza complementare nel 2008.
L'incremento del 6 per cento delle adesioni (al netto delle uscite dal sistema) risulta in linea con quello registratosi negli anni precedenti il 2007, anno nel quale la percentuale di nuove iscrizioni raggiunse un livello molto maggiore (circa il 50 per cento) a seguito della campagna per il conferimento del Tfr ai fondi pensione. Una caduta di tensione era pressoché inevitabile dopo la grande popolarità del tema suscitata da spot pubblicitari e, soprattutto, dalla concretezza della decisione sulla allocazione del Tfr. 430mila nuove iscrizioni rappresentano però un dato significativo: nel pieno di una crisi straordinaria come quella iniziata nella seconda metà del 2008, il flusso delle adesioni non ha registrato un sostanziale arresto.Chi esce dal sistema - Volendo guardare oltre i problemi, già altre volte trattati da chi scrive, della scarsa capacità espansiva di cui soffre, in modo ormai cronico, il settore della previdenza complementare nelle piccole imprese, tra i giovani, nel mondo del lavoro femminile e in quello del lavoro autonomo, nel Mezzogiorno e, infine, tra i dipendenti pubblici (tutti segmenti dove le adesioni continuano a essere di numero assai esiguo), vengono in evidenza alcuni elementi di analisi su cui è opportuno richiamare l'attenzione degli osservatori e dei policy maker.Un primo dato riguarda le uscite dal sistema.
Nel 2008 si contano circa 140mila riscatti per perdita dei requisiti di partecipazione, pari al 3 per cento del totale degli iscritti. È un fenomeno che, se pur non del tutto imputabile a situazioni di disoccupazione o a protratti periodi di cassa integrazione (sono infatti da considerare in questa platea anche gli iscritti che cambiano lavoro), si segnala sia per il suo carattere strutturale - la cifra dei riscatti è coerente con la serie storica, considerando l'aumento degli iscritti - sia perché rappresenta di per sé un chiaro indice della difficoltà di molti lavoratori a restare nel sistema in momenti di disagio economico.
Un secondo dato riguarda l'interruzione dei versamenti e le posizioni nulle o irrisorie (in entrambi i casi ci si riferisce a dati di stock e non di flusso).
Ben 520mila iscritti a forme di previdenza complementare risultano non versanti. Sono concentrati per il 24 per cento nei Pip e per il 44 per cento nei fondi aperti; la restante quota è equamente distribuita tra fondi negoziali e fondi preesistenti. In questo modo, pur considerando la possibilità che il dato evidenzi duplicazioni nelle iscrizioni, sembra manifestarsi una disaffezione di cui occorrerebbe investigare le cause. La stessa cosa può dirsi per i 130mila aderenti con posizioni accumulate nulle o irrisorie, oltre la metà dei quali risulta iscritta a fondi aperti. In sintesi, il 13 per cento del totale degli iscritti alla previdenza complementare e circa il 30 per cento degli iscritti complessivi a fondi aperti e Pip appartiene a una di queste due categorie. Siamo di fronte a numeri che in una certa misura ridimensionano il livello di copertura raggiunto dal sistema.
Un terzo dato, in controtendenza rispetto ai precedenti, riguarda i lavoratori “silenti” che hanno aderito a fondi pensione soltanto per non aver esercitato un'opzione esplicita riguardo alla destinazione del loro Tfr.
Nel 2008 il numero degli iscritti appartenenti a tale categoria è in netta crescita. Su un totale di circa 150mila nuove adesioni ai fondi negoziali, un terzo è imputabile al conferimento tacito del Tfr. Una percentuale nettamente superiore a quella registratasi nel 2007 che era residuale e comunque inferiore al 5 per cento. Ètriplicato anche il numero dei lavoratori iscritti “d'ufficio” a FondInps, passati da 7mila nel 2007 a circa 20mila nel 2008.
La crescita del numero dei silenti testimonia l'importanza dell'informazione come fattore condizionante. Scelte rilevanti come quella riguardante l'allocazione del Tfr dipendono in larga misura dalla efficacia della comunicazione posta in essere.Dove si investe - Un ulteriore insieme di dati sui quali conviene riflettere va ascritto al capitolo dell'impatto della crisi dei mercati su alcune categorie di iscritti ai fondi pensione. Alcuni elementi di forte preoccupazione riguardano, in particolare, le scelte di investimento dei lavoratori più anziani.
Guardando alla composizione degli iscritti per tipologia di comparto e classe di età, si nota, infatti, che nei fondi negoziali circa il 40 per cento degli aderenti nella fascia tra i 60 e i 65 anni risultava nell'anno 2008 iscritta a comparti rischiosi: bilanciati (in cui la componente azionaria si aggira intorno al 30 per cento) e, sia pure in minima parte, azionari.
Tale tendenza è ancora più marcata nei fondi aperti nei quali gli iscritti a linee azionarie risultavano pari al 22 per cento del sotto gruppo degli ultrasessantenni, mentre un altro 28 per cento degli stessi risultava iscritto a linee bilanciate.
Inevitabilmente, il rovescio dei mercati finanziari ha investito il risparmio previdenziale di questi aderenti in maniera pesante; è peraltro evidente che, data la loro età e il carattere profondo della crisi, ben difficilmente avranno la possibilità di recuperare le perdite subite.
Il dato richiama a una forte responsabilità l'intero sistema dei fondi pensione che non è stato in grado di aiutare gli iscritti in questione a operare scelte razionali.
Né varrebbe obiettare che la responsabilità delle scelte di investimento compete all'iscritto e che lo stesso dovrebbe essere in grado di guardare correttamente al proprio interesse. Tutte le indagini condotte in Italia, e ancor più all'estero, sulla capacità di valutazione del rischio finanziario da parte degli individui sottolineano la grave carenza di conoscenze che caratterizza la stragrande maggioranza della popolazione.
È dunque assolutamente inderogabile l'esigenza che i fondi pensione si dotino di strumenti adeguatamente configurati (linee di default life cycle, questionari di auto valutazione della propensione al rischio, servizi di consulenza) in grado di prevenire esiti che in futuro, quando il sistema sarà maturo e il risparmio accumulato durante tutto l'arco di una vita ben maggiore di quello medio attuale, potrebbero creare drammi individuali e sociali inaccettabili.
ciò potrebbe portare ad una richiesta maggiore di mutui e prestiti.
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Fonte: Tiscali