Sprofonderà l`odore acre dei tigli
nella notte di pioggia. Sarà vano
il tempo della gioia, la sua furia,
quel rimorso di fulmine schianta.
Rimane appena aperta l`indolenza,
il ricordo d`un gesto, d`una sillaba,
ma come d`un volo lento d`uccelli
fra vapori di nebbia. E ancora attendi,
non so che cosa, mia sperduta; forse
un`ora decida, che richiami
il principio o la fine: uguale sorte,
ormai. Qui nero il fumo degli incendi
secca ancora la gola. Se lo puoi,
dimentica quel sapore di zolfo,
e la paura. Le parole ci stancano,
risalgono da un`acqua lapidata;
forse il cuore ci resta, forse il cuore...
S. Quasimodo