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"Vendita case: Flessione record!"

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Vendita case: Flessione record 0
Qualche tempo fa, un agente immobiliare ha fotografato così il mercato: tante trattative e pochi contratti, venditori che non abbassano le pretese e compratori che non alzano le offerte. Un`opinione comune tra gli addetti ai lavori, che si riflette nel monitoraggio dell`agenzia del Territorio. L`ultima rilevazione approfondisce il dato medio sulle vendite di abitazioni – in calo del 14,1% nel trimestre al 30 settembre – e aiuta a capire qualcosa in più della frenata cominciata nel 2007.

La flessione delle compravendite è più forte nelle piccole città di provincia che nei capoluoghi. Si sente più al Nord che al Sud.
ciò si ripercuote anche sulla richiessta di Mutui e prestiti.
Colpisce più le abitazioni che le altre categorie di immobili (negozi, capannoni e uffici). Differenze relativamente costanti nel tempo, che raccontano come cambia il rapporto degli italiani con la casa. Quelli che la vorrebbero vendere, ma non riescono. Quelli che la vorrebbero comprare, ma non possono. E quelli che, per ora, preferiscono aspettare.
«Una delle ragioni più importanti del rallentamento delle vendite, se non la più importante in assoluto, è la difficoltà di accesso al credito da parte delle famiglie», commenta Caterina Andreussi, responsabile dell`ufficio studi dell`Omi, l`Osservatorio sul mercato immobiliare del Territorio. Da quando è iniziata la crisi, le banche sono diventate più prudenti nel concedere mutui alle famiglie. E, in parallelo, molti potenziali clienti hanno preferito rinviare la decisione di indebitarsi.

Il risultato è un`equazione semplicissima: meno prestiti e meno acquisti. E questo aiuta anche a spiegare perché il calo dei contratti sia stato più forte nelle regioni settentrionali. «Al Nord si ricorre al mutuo nel 54,9% degli acquisti immobiliari; molto più che al Sud, dove ci si ferma al 38,8 per cento», rileva ancora Andreussi.
Più complicato, invece, è capire perché le compravendite siano diminuite in provincia più che nei capoluoghi. Le ragioni sono almeno due. Innanzitutto, nelle grandi città il mercato aveva già iniziato a rallentare, mentre nei centri minori era rimasto più vivace. Basti pensare che dal 2004 al 30 giugno 2008 le città con più di 250mila abitanti hanno visto l`aumento più alto dei prezzi delle case (+35,9%), ma anche la diminuzione più forte delle transazioni (-20%). In secondo luogo, grazie alla maggiore disponibilità di terreni edificabili, tra il 2005 e il 2007 oltre l`85% delle nuove costruzioni è stato realizzato fuori dai capoluoghi: con la conseguenza che oggi in provincia l`offerta è relativamente elevata.

Si spiega così il confronto tra la città di Roma (vendite -9,8%) e i centri di provincia (-22,3%) o quello tra Bologna (-5,3%) e il territorio circostante (-26,8%). Nel caso di Firenze e Venezia, poi, il capoluogo ha addirittura il segno positivo, ma qui è un terzo semestre 2007 molto fiacco a influenzare il dato: se si guarda ai primi nove mesi di quest`anno, il trend si allinea alle altre grandi città.
La maggiore diminuzione delle vendite nel residenziale rispetto agli altri settori dipende invece da un dato storico: tradizionalmente, la domanda di abitazioni è rivolta soprattutto all`acquisto della prima casa. Come afferma la ricercatrice dell`agenzia del Territorio, «quello dell`abitazione principale è il segmento di primo approccio al mercato immobiliare ed è normale che sia il più debole nel momento in cui ad andare in difficoltà sono le famiglie. Uffici, negozi e capannoni seguono logiche differenti».

Alle difficoltà dei potenziali compratori si aggiunge poi la rigidità dei venditori. «Come sempre accade nel ciclo immobiliare – conclude Andreussi – prima diminuiscono le transazioni, poi i prezzi. Semplicemente, quando finisce una fase di crescita, i venditori non sono disposti da subito a ridurre il prezzo. E l`adeguamento può richiedere anche più di un anno».
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Fonte: Il sole 24 Ore

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