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Una fotografia in bianco e nero, più nero che bianco. Questa è la situazione economica del sud Italia riportata dal Rapporto SVIMEZ, Associazione per lo sviluppo industriale del Mezzogiorno. "Un quadro inquietante", come lo ha definito il Capo dello Stato Napolitano. Un quadro di lontananza, si potrebbe dire, dal titolo drastico: desertificazione industriale.
A leggere i dati del rapporto, pare che nulla sia cambiato dai primi del `900, quando intere famiglie abbandonavano le proprie terre in cerca di lavoro e fortuna verso nuove mete. Oggi c`è chi la chiama fuga dei cervelli, ma non è solo quello, non più. Negli ultimi venti anni, infatti, hanno lasciato il Sud circa 2,7 milioni di persone. L`emigrazione è principalmente interna: nel 2011, 114 mila persone si sono trasferite al centro-nord (Lombardia e Lazio in primis). Ma c`è anche chi varca i confini: nel 2011 i cittadini italiani emigrati all`estero sono stati stati circa 50 mila, 10 mila in più rispetto al 2010 e, stando ai numeri, pare che il trend stenti a calare, soprattutto in riferimento ai valori di 10 anni fa, quando erano 34 mila.
Le mete? Le stesse di tanti anni fa: Germania, Belgio, Inghilterra si popolano di siciliani, pugliesi, calabresi e molisani.
A spingere tante persone ad andare via è l`allarmante
tasso di disoccupazione di queste aree, alla quale si associa un basso sviluppo economico e incentivi alla produzione inesistenti. Si parla di 166 mila posti di lavoro in meno rispetto al 2012 soltanto nel primo trimestre del 2013, portando la quota degli occupati sotto la soglia dei 6 milioni. Una situazione così non la si vedeva dal 1977.
Se si guarda allo scorso anno, poi, il tasso di occupazione in età 15-64 è stato del 43% (nel centro-nord 63,8%), mentre il tasso di disoccupazione ufficialmente registrato - non dimentichiamo il fenomeno del lavoro in nero - è stato del 17%. La situazione è negativa soprattutto per gli under 35, il 28,5% dei quali è senza alcuna occupazione. E sono principalmente diplomati (33,7%) o laureati (27,3%).
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La disoccupazione e le poche prospettive di
crescita portano l`abbandono di queste zone, ma per chi resta la situazione è infelice. La povertà regna sovrana - più del 20% delle famiglie siciliane vive con meno di 1000 euro al mese - e i consumi crollano. Certo, quella del calo dei consumi è una situazione che si riscontra in tutto lo stivale, anche come conseguenza della crisi economica, ma la forbice tra Nord è Sud è larga: si parla di un -4,3% della Sicilia rispetto al -1,7 della Lombardia e del Lazio.
Lo stesso vale anche per il PIL, in calo del 3,2%, un punto percentuale in più rispetto alle regioni centro-settentrionali. Una caduta vertiginosa, se si guardano i dati di qualche anno fa: dal 2007 al 2012, infatti, il sud ha perso 10 punti percentuali di ricchezza, quasi il doppio del centro-nord (-5,8%). Stando a questi valori, è facile pensare che il calcolo del PIL nazionale sia fuorviante, visto che è il risultato della media tra i 30.073 euro del centro-nord e i 17.263 del sud.
Le soluzioni ad una tale, disastrosa situazione economica? Ci sono, ma sono più che altro parole, promesse. Una "riqualificazione delle istituzioni che permetta di superare diffuse inefficienze", come auspicato dal Presidente della Repubblica, assieme ad un "nuovo processo di
sviluppo nazionale" e di politiche nazionali ed europee destinate allo sviluppo economico ed occupazionale. A queste vanno affiancate maggiori sanzioni "per le amministrazioni che non rispettano gli impegni", per evitare sprechi, è la ricetta del ministro per la Coesione territoriale, Carlo Trigilia. I fondi previsti per il nuovo piano di programmazione 2014-2020 ammontano a 100 miliardi di euro.
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Fonte: Yahoo